Anche l’atteso Gran Premio di Spagna è andato in archivio portando con sé le risposte tanto attese. Notoriamente, il circuito di Catalogna è considerato una sorta di università della F1 perché si dice che le monoposto che vanno forte su questa lo fanno dappertutto. Inoltre, conoscendo da sempre vita, morte e miracoli di questo tracciato, quasi tutti i team portano storicamente gli aggiornamenti più consistenti in occasione di questo Gran Premio.
E cosa ha detto la pista? Assolutamente nulla. Ha sostanzialmente confermato quelle che erano le tendenze già emerse e consolidate nei Gran Premi precedenti, ovvero una Red Bull che continua a vincere, guidando i Gran Premi dall’inizio alla fine, concedendo solo duelli virtuali agli inseguitori che a fine gara si avvicinano giusto per sentire l’odore dei tubi di scarico.
Questo dimostra come il male oscuro di questa monoposto sia solo nella testa dei tanti ingegneri laureati via e-mail, che non hanno ancora capito come funzionano le gare e che qualsiasi team vorrebbe avere i problemi di Red Bull, la quale, pur correndo con un solo pilota, si avvia a vincere in scioltezza entrambi i mondiali.
Conferme di una McLaren solida e veloce, sempre più vicina alla Red Bull pur mantenendosi a distanza di sicurezza, ma assolutamente non all’altezza sul versante piloti e strategie. Quindi poco più di un’ottima seconda forza.
Una Mercedes in crescita che, lavorando a testa bassa in fabbrica (sì, scrivo fabbrica, non factory) e non sui giornali come fa qualcun altro, sembra aver trovato il bandolo della matassa di questa monoposto, con un potenziale sicuramente molto più alto di quello mostrato a inizio stagione, pur nella consapevolezza che un discorso è avvicinarsi alla vetta, ma tutt’altro è raggiungerla.
Dulcis in fundo, la solita Ferrari che non è né quarta né seconda forza, ma il solito team incostante che si perde in problemi gestionali e sterili polemiche, ricordandoci sempre la figura ormai dimenticata ma sempre attuale del buon Tafazzi!
Ultima lamentela del Team Principal di Maranello in ordine di tempo è quella sul test di Verstappen a Imola, dove ci si lamenta inutilmente ma senza reagire sul campo. Gli inglesi non hanno bisogno di capire, loro sanno già: caricano macchina vecchia e pilota titolare sul camion e vanno a provare in pista, in barba allo spirito delle regole e dei piagnistei degli altri.
Nei discorsi interni alla redazione di Formulacritica ci si chiedeva se il male sia dentro o fuori Maranello. Io credo che il male parta da dentro e si amplifichi all’esterno. Innanzitutto, diciamo che ci vorrebbe più gente con gli attributi che inizi a portare realismo intorno alla squadra, perché gli ingegneri sanno benissimo dove sono e dove possono andare.
Però, se dopo Montecarlo si fomenta certa stampa che parla di lotta mondiale in un campionato che è senza storia, si alimenta una narrazione e una pressione che fanno esultare per pochi giorni ma schiacciano la squadra nelle gare successive, dove la realtà viene fuori in tutta la sua brutalità.
Parlare di male oscuro a Milton Keynes e aggiornamenti miracolosi a Maranello non fa altro che creare un castello di menzogne che poi la pista fa crollare miseramente. Bisogna avere il coraggio di dire che finalmente il progetto è buono come base di crescita, che di mondiale non se ne parla nemmeno lontanamente ma che su certe piste ci si possono togliere tante soddisfazioni. I numeri nudi e crudi mostrano un costante miglioramento delle prestazioni, ma in alcuni casi inferiore a quello di altri competitor.
Il risultato è che tutta la stampa e i “capiscers” dei social qualche giorno fa idolatravano Vasseur come il salvatore che “cucinava” il futuro e oggi vorrebbero mandarlo via a calci perché si sono accorti che la bacchetta magica non la possiede. Tutto normale nella schizofrenia di questa Formula 1.
Crediti Foto: Scuderia Ferrari HP, Oracle Red Bull Racing