La prima volta di un pilota talentuoso è un momento di gioia per il protagonista ma anche per chi l’ha visto crescere. E non si parla necessariamente delle persone che appartengono al suo “clan”, ma anche di quelli che l’hanno osservato strutturarsi nello sviluppo di una carriera che è stata finalmente consacrata con un risultato così prestigioso. La vittoria del Gran Premio di Miami per Lando Norris è un punto di partenza e di certo non un traguardo. Nelle ore successive, come è prassi istituzionalizzata, ci sono stati i rituali festeggiamenti da parte del team. In un mondo mediaticamente sovraesposto non è passato inosservato l’intervento di Frédéric Vasseur che si è “imbucato” ai bagordi.
Cappellino d’ordinanza e bottiglia di champagne in mano il dirigente francese e team principal della Ferrari (particolare a tutti noto ma che va sottolineato per supportare il ragionamento) si è lasciato andare ad una sincera gioia per onorare il giovane pilota di Bristol in un momento importante della sua carriera. Apriti cielo! La censura italiana non ha perso tempo per criticare l’operato del buon Fred che non vede sovrastrutture laddove altri, forse meno puri d’animo, ne trovano.
“Ma come, il numero uno della Ferrari che festeggia con i rivali storici della McLaren!”. “Che scandalo!”. “Inopportuno!”. “Fuori luogo!”… Si sono sprecate le uscite critiche per un gesto spontaneo che invece andrebbe preservato e lodato in un mondo sempre più tossico nel quale la sportività sta diventando un disvalore. Che assurda deriva, che deviazione logica.
Vasseur – Norris: polemiche lunari in favore di un pubblico forcaiolo
La Formula Uno, che da fuori viene vista come un’arena romana, è in realtà un ambiente molto più pacifico di quello che certe cronache create ad arte raccontano. Osservatori che subissano di fango spettacoli preconfezionati come Drive to Survive per poi farsi convincere proprio da quegli strumenti televisivi.
Il paddock è un microcosmo che vive più dei tre giorni di gara mediaticamente esposti. Il “tendone dello show” si edifica ben prima del venerdì e vede lavorare a braccetto uomini e donne di diverse squadre che condividono viaggi, chiacchiere, sensazioni, speranze, gioie e delusioni.
La Formula Uno si vive spalla a spalla, a contatto stretto e diretto. Non è come una partita di calcio in cui le squadre della lega nazionale si incontrano un paio di volte l’anno per due ore scarse. E se possono se le danno pure di santa ragione.
Gli uomini dei sodalizi sportivi, specie quelli più in vista, entrano ed escono dalle altrui hospitality in un perpetuo mescolamento di casacche. Mangiano insieme, si confrontano continuamente, interagiscono con piacere e senza pensare di vivere una forzatura. E lo fanno per 24 gare più i test. Ciò vuol dire che stanno insieme come minimo un centinaio di giorni all’anno.
Il paddock è una famiglia allargata, un mondo in cui le facce cambiano raramente e nel quale quelle nuove vengono accolte senza sospetti o timori (tranne se ti chiami Andretti, ci sia consentita la battuta per sdrammatizzare).
Criticare Vasseur, specie se si è a conoscenza di queste dinamiche, è un tentativo ridicolo – facilmente smascherato – di cavalcare l’onda mediatica.
Il tifo tossico è un male, la divisività gratuita è idiozia. Si fermi questo patetico elitarismo secondo cui un rappresentante Ferrari debba reprimere la sua natura per rispettare un’etichetta imposta dal censore da tastiera di turno. Snobismo d’accatto.
Fred è un personaggio puro, spontaneo. Un guascone. Un uomo che sa scindere gli ambiti: professionale quando serve, sciolto e allegro quando il contesto lo richiede.
E domenica, nella sera di Miami, le circostanze non contemplavano protocolli che esistono solo nella visione di chi immagina la Ferrari come un organo di Stato. Prevedevano invece spontaneità. Quella che Vasseur ha messo in campo fregandosene dei moralizzatori da tavolo col fucile della critica sempre pronto a sparare.
Ma stavolta l’arnese bellico è esploso nelle loro mani. Viva Vasseur e il suo modo di approcciarsi alla vita. D’altro canto Benedetto Croce ci aveva avvisati: “La critica è un fucile molto bello, ma deve sparare poco”…
Crediti foto: Scuderia Ferrari, McLaren