Contesto storico. Il mondo della F1 è ancora sotto shock per i tragici fatti avvenuti meno di due settimane prima sul circuito di Imola, al Gran Premio di San Marino del 1994, in cui il pilota della Simtek, l’austriaco Roland Ratzenberger, e il tre volte campione del mondo, il brasiliano Ayrton Senna, avevano perso la vita. Il Circus provava a tornare alla normalità nella gara successiva che si sarebbe tenuta a Monaco.
Le nuove norme della FIA in fatto di sicurezza abbozzate dopo i fatti imolesi sarebbero entrate in vigore solo al Gran Premio di Spagna che si sarebbe disputato appena dopo quello di Monte Carlo.
Karl Wendlinger: l’incidente
Durante le prime prove libere del giovedì la Sauber C13 di Karl Wendlinger ebbe un grave incidente alla “Nouvelle Chicane”, la sinistra-destra del porto.
All’uscita del Tunnel, a causa di una tardiva frenata, la Sauber nera divenne ingovernabile ed impattò violentemente contro le barriere. La testa del pilota collise con forza sul manufatto. Il conducente perse quasi conoscenza.
Estratto prontamente dall’abitacolo, Karl fu trasportato d’urgenza all’ospedale di Nizza e messo in coma farmacologico per permettere al versamento ematico cerebrale di riassorbirsi in attesa di valutare danni neurologici.
Rimase in coma pilotato per ben tre settimane. La Sauber, con l’altro pilota, il tedesco Heinz-Harald Frentzen, decise di non prendere parte al resto del Gran Premio.
Karl Wendlinger, dopo una necessaria riabilitazione, provò a ritornare in pista nel Gran Premio del Giappone, ma dovette rinunciare a causa di un collo che non era in grado ancora di reggere le forze che si subiscono guidando una vettura di Formula 1.
Servì attendere ancora del tempo per rivederlo in pista: ritornò al volante di una monoposto della massima serie nel campionato mondiale successivo, quello del 1995.
Karl Wendlinger: le conseguenze dell’impatto monegasco sulla F1
Il giorno dopo, il tre volte campione del mondo Niki Lauda annunciò la riformazione della GPDA, la “Grand Prix Drivers’ Association”, il sindacato dei piloti. Furono eletti, oltre all’austriaco, Michael Schumacher, Gerhard Berger e Christian Fittipaldi. La GPDA chiese alla FIA di avere monoposto e circuiti più sicuri.
La Federazione rispose immediatamente e sia prima del Gran Premio di Spagna che alle porte di quello del Canada, promulgò delle modifiche per accrescere la sicurezza attiva e passiva.
Il cammino avviatosi dopo gli incidenti di Imola e di Monaco permisero alla Formula Uno di vivere un ventennio senza vittime anche in presenza di altri incidenti di grande gravità.
L’idillio fu spezzato con la morte del pilota francese Jules Bianchi che, ad oggi, è l’ultimo conducente ad aver perso la vita per le conseguenze di un’incidente.
Un monito per tenere la guardia sempre alta, un episodio che determinò l’introduzione di ulteriori procedure, specie in regime di safety car, per rendere la Formula Uno un ambiente che tende a limitare sempre più gli eventi catastrofici.
Crediti foto: F1