Il futuro di Adrian Newey non è ancora scritto anche se ormai è immaginabile. L’unica certezza che abbiamo è che ieri ha detto addio alla Red Bull, un team col quale ha collaborato per 19 anni portando titoli e gloria. Milton Keynes, quindi, si trova nella situazione di doversi riassestare affidando la direzione tecnica a figure interne perché non verranno operate acquisizioni più o meno clamorose presso altre scuderie.
Pierre Wachè sarà l’uomo che coordinerà lo staff progettuale con la stretta collaborazione di Enrico Balbo e la supervisione di un altro uomo forte del team: Paul Monaghan.
L’equipe, quindi, avrà una struttura diversa che risponderà come al solito a Christian Horner, il vincitore della “faida” interna al gruppo. L’uomo che, eventualmente, sarà chiamato a rispondere delle sue responsabilità nel caso in cui la squadra dovesse accusare il colpo.
Red Bull ha la forza per reagire all’addio del geniale ingegnere inglese? Ancora, come assorbirà la partenza della Honda che va ad accasarsi in Aston Martin? Horner, qualche settimana fa, ha detto che a livello motoristico sono in ritardo di settant’anni rispetto alla Ferrari. Una provocazione, certo, che non va troppo fuori bersaglio però.
Milton Keynes si è sempre affidata a motoristi esterni, ora farà tutto in casa. O quasi. È sicura di questa manovra? Non proprio. Se interroghiamo la storia recente la risposta deve essere necessariamente negativa. Ricordiamo che gli austriaci avevano cercato e voluto l’accordo con Porsche che poi è saltato perché i tedeschi chiedevano maggiori poteri gestionali all’interno del legame.
Proprio per non rimanere da soli in un settore sostanzialmente misterioso, Red Bull ha cercato l’intesa della Ford che entra in Formula 1 come partner strategico per lo sviluppo della quota elettrica del propulsore del 2026.
Se sull’ambito endotermico il reparto powertrains si sentiva al riparo da sorpese grazie all’esperienza accumulata con Honda e in forza dei tecnici acquisiti dalla Mercedes, meno certezze vi sono sulla parte ibrida.
Da qui l’accordo con gli americani che però sono all’asciutto di Formula 1 da molto tempo. E questo scotto potrebbe pesare nei primi tempi.
Red Bull: un team che ha tempo
Red Bull pensa di avere le spalle larghe e accetta che gli scossoni determinati (anche) dal conflitto interno tra l’ala austriaca e quella thailandese, tensione ormai innegabile, possano determinare un periodo indefinito in cui non si vince.
La parola d’ordine è riassetto. E ancora una volta la storia recente del team a dare una mappa operativa di quel che potrebbe accadere. Dopo il dominio nel quadriennio 2010-2013 la Red Bull ha conosciuto una lunghissima stagione nella quale è stato necessario ricalibrare tutto il meccanismo.
Prima la deludente power unit Renault, poi l’intuizione Honda che è stata la chiave dei successi ancora in corso: un cammino lento, che ha dato i frutti dopo otto stagioni. In quel lasso di tempo nessuno si è sognato di parlare di un ritiro dalla Formula 1. “Sono delle meteore”, si legge in giro. Commenti decentrati e che dovrebbero suscitare solo ilarità.
Red Bull Non produce auto, non deve venderne. Questi signori sono nella massima categoria sostanzialmente perché Dietrich Mateschitz, qualche anno fa, volle farsi passare uno sfizio da appassionato ricco sfondato.
Facendolo ha messo in scacco case automobilistiche con una struttura gigantesca e tentacolare alle spalle. Quelle che invece hanno davvero premura di vincere.
Chiedetelo alla dirigenza Ferrari che non trionfa dai tempi in cui Romano Prodi era Presidente del Consiglio; domandatelo a Toto Wolff che si arrovella per tornare a dominare. Provate a calarvi nei panni di Luca De Meo che sta impazzendo con continue epurazioni e assunzioni pur di dare un senso all’esperienza Alpine.
Proprio per la natura atipica del team e per il fatto che il brand funziona anche se in F1 non arrivano risultati eclatanti, Red Bull può operare con (relativa) calma. L’obiettivo è quello di vincere e per farlo potrebbe essere contemplata una pausa.
Christian Horner ha ottenuto il pieno supporto da parte di Chalerm Yoovidhya, azionista di maggioranza di Red Bull GmbH. Se certi scenari si sono realizzati è perché il team li ha potuti accettare e pensa di poterli superare.
Red Bull è una realtà in continua evoluzione. Il suo dinamismo è la chiave dei successi. Proprio la capacità di reinventarsi e di uscir fuori da situazioni apparentemente compromesse – come quella che è sta vivendo alle soglie di una rivoluzione tecnica – è l’elemento per guardare al futuro con fiducia.
Non è detto che Red Bull paghi dazio per l’addio di Adrian Newey. Ma anche se dovesse farlo non vivrà con l’ansia da prestazione tipica dei mega gruppi industriali dell’automobile che spesso, pensando di far bene, hanno operato cambi drastici e infruttuosi. Con digiuni sportivi che si contano in doppia cifra.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
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