“Oh, Gilles! Ogni volta un’emozione. Il volto di un bambino che gioca, che rompe, esagera, fa dei danni. Un discolo divertito e divertente ma anche preoccupante. Perché con lui, beh, era questione di presentimenti, ciclici e fondi come spaventi. Un figlio meraviglioso e a rischio. Un colpo di vento sulla passione sua e nostra, una magnifica, tragica, indimenticabile avventura”.
Dello speciale di Autosprint dedicato ai quarant’anni dall’esordio in Formula 1 di Villeneuve mi colpirono soprattutto queste righe di Giorgio Terruzzi. Scrivi 1979 e pensi allo storico duello con René Arnoux, ma in quella stagione – quella del titolo di Jody Scheckter e della fedeltà del canadese – c’è un altro episodio legato a Gilles: quello della ruota posteriore sinistra danneggiata che poi si strappò e che gli costò numerose critiche.
Tranne quelle di Marcello Sabbatini, allora direttore di Autosprint, che prese le sue parti. E al quale rilascerà l’ultima intervista, dopo i ‘fatti’ di Imola. L’uomo che su Autosprint dell’8 maggio 2007 – in ricordo del venticinquesimo anniversario dalla tragedia di Zolder – riportò:
“L’esplosione di Villeneuve aveva un po’ cominciato a ingelosire Ferrari. Il pilota si guadagnava i titoli solo col suo nome. Come ai tempi di Nuvolari, l’uomo conquistava col proprio coraggio. La macchina era solo un mezzo tecnico. L’uomo esaltava. E c’era chi aveva soffiato su questo ingelosimento. La scelta di Pironi era stato il rimedio. Un uomo da contrapporre, che magari rendesse meno super il personaggio Gilles”.
Si era rotto qualcosa tra Ferrari e il canadese, ma il Drake gli voleva bene. Già, i ‘fatti’ di Imola. Voglio concludere questo articolo in ricordo di Villeneuve riprendendo quel pezzo di Giorgio Terruzzi raccontato all’inizio, concluso dall’allievo di Beppe Viola con le seguenti righe:
“Un affronto che lo rese pazzo di amarezza e rabbia, che lo scaraventò a Zolder, incapace di ascoltare un consiglio, di fare attenzione ai segni cattivi di un qualche diavolo determinato. Non avrebbe più potuto migliorare in prova, non avrebbe potuto superare Pironi. L’incidente? Beh, non serve nemmeno descriverlo una ennesima volta, fa male e basta. La scena: assurda e maestosa nella sua tragicità. Fine.
“Mentre il suo viso da teppa, da bimbo, si incollava agli occhi, ai sentimenti di ciascuno di noi. Fine. Per sempre. Presente all’infinito, come un dolore, come un’allegria, come una cicatrice fresca. La tocchi e senti, i nervi reagiscono, indicano, portano. A lui, ai suoi regali teneri e feroci; meravigliosi e commoventi”.
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Crediti foto: Ferrari